“La via
Francigena in Valle di Susa”
(Sintesi della conferenza tenuta
il 21 febbraio 2014 dal Gen. Dario Sacco)
Nel Medio Evo un gran movimento di pellegrini si dirigeva
verso i luoghi santi del Cristianesimo. Dante Alighieri, nostro sommo poeta,
così li definì nella “Vita Nova”: Chiamansi “Palmieri” in quanto vanno in
oltremare onde molte volte recano la palma; chiamansi “Peregrini” in quanto
vanno alla casa di Galizia però che la sepoltura di Sa Jacopo fue più lontana
della sua patria che d’alcun altro apostolo, chiamansi “Romei” in quanto vanno
a Roma.
Pellegrini ricchi in viaggio verso
Roma
Tra questi romei, che andavano a
piedi se poveri ed a cavallo se ricchi, ve ne fu uno, Sigerico, che dovendo
ricevere dalle mani del Pontefice Giovanni XV il Pallium, simbolo
dell’investitura cardinalizia, nel 990 si recò a Roma. Nel viaggio di ritorno,
durato circa un mese e mezzo annotò in un diario le possibilità ricettive dei
vari centri attraversati: “il progenitore” dell’odierna Guida Michelin… Questo
diario, conservato nella British Library di Londra, è stato motivo ispiratore
della dichiarazione delle vie Francigene come “itinerari culturali europei del
2000” da parte del Consiglio Europeo.
Immensa fu l’importanza degli
itinerari di pellegrinaggio praticati in Europa dal IV secolo. Tra queste
strade storiche, la Francigena, fu nel periodo medioevale una delle più
frequentate, sicuramente la più battuta in territorio italiano.
Esse utilizzavano le vecchie
strade consolari romane, dimostrandone ancora la piena efficienza; tali strade
furono completate da vie costruite dai Longobardi. A differenze delle vie
romane, che possedevano un nome ed una catalogazione ufficiale, le strade
medioevali erano catalogate con nomi derivati da caratteristiche ambientali
delle zone attraversate, dal toponimo della località finale o iniziale del
percorso.
L’appellativo di Francigena
derivava dal fatto che la strada partiva dalla Francia e terminava a Roma ed in
alcuni tratti era chiamata Romea perché la meta finale, e più ricca di
suggestioni per le popolazioni cisalpine, era la Città Santa.
Queste strade ebbero il massimo
sviluppo nel periodo del Sacro Romano Impero sia perché l’Europa fu un’unica
entità politica con fondante radice culturale e cristiana, sia perché il Papato
assunse una primaria funzione religiosa e temporale.
In questo periodo le vie
Francigene furono organizzate con la costruzione d’ospizi, di strutture
religiose, e di castelli che riservavano ampi spazi ai pellegrini diretti ai
luoghi santi del Cristianesimo.
La più antica Francigena, anche
se la meno reclamizzata, fu “l’Itinerarium Burdigalensis” scritto da un anonimo
pellegrino di Burdigala (Bordeaux) che nel 333, in altre parole quasi sette
secoli prima di Sigerico, descrisse una via Francigena, indicando le “Mansio”
(piccoli centri con locande), le “Stazio” (locande isolate) e “le Mutaziones
(località in cui era possibile effettuare il cambio dei cavalli) con le
relative distanze in miglia tra loro.
Quest’itinerario entrava in
valle di Susa dal colle dal Monginevro !
Durante le guerre dell’ottavo
secolo tra Franchi e Longobardi, che si svolsero in particolare alle Chiuse di
San Michele, fu utilizzato con continuità l’itinerario del Moncenisio che
impose il nome alla via Francigena, relegando così (si fa per dire) al ruolo
cadetto il ramo francigeno del colle del Monginevro.
Scendendo dal Moncenisio
percorrendo la vecchia via Francigena, in una valle laterale, fu costruito il
monastero di Novalesa, che nell’ottavo secolo ebbe molta importanza per aver
ospitato il papa Stefano III ed i Re dei Franchi Pipino il Breve e Carlo Magno.
Questo monastero, nel medio evo,
fu centro di diffusione del Cristianesimo in tutta l’Europa. Esso fu distrutto
più volte dai pirati saraceni (pirati spagnoli convertitisi all’islamismo, che
avevano le loro basi a La Garde - Freynet, nel sud della Francia).
Seguendo la stessa strada, più a
valle ed alla confluenza delle due arterie internazionali, è posta la nobile
città di Susa, sede della capitale del regno di Cozio, di un Principato e di un
Marchesato che svolsero azione importantissima nella valle. Proprio questa sua
posizione strategica e di passaggio di eserciti diretti verso le fertili
pianure padane fu la causa delle sue numerose distruzioni.
Svolsero opera di ospitalità nei
riguardi dei pellegrini, sia la cattedrale di San Giusto, sia Il castello della
Comitissa Adelaide che sposando poi un membro della famiglia Savoia, favorì
l’ingresso di questa Casata nei fertili terreni del Piemonte.
Più a valle, si erge a
sbarramento della valle il castello di San Giorio, che svolse anche il compito
di assistenza ai pellegrini e fu distrutto dal generale francese Catinat nel
1691.
Sul monte Pirchiriano domina la
valle l’imponente mole della Sacra di San Michele, importante monumento simbolo
della Regione Piemonte che fu il centro del sapere in Europa per molti anni ed
insieme alle abbazie di Novalesa e Sant’Antonio di Ranverso fu un solido
sostegno alberghiero ed ospedaliero ai pellegrini di passaggio.
La Sacra di San Michele
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